martedì 2 marzo 2010

GIOVANNI BERTACCHI LIBROWEB: 2° capitolo





Le vie della vita (1898-1899)

Giovanni Bertacchi si dedicò nel corso della sua produzione letteraria anche all’aforisma, alla massima, alla prosa poetica breve, alla considerazione morale. È questa la parte della sua opera totalmente sconosciuta ai lettori. In buona parte non pubblicata perché contenuta inedita nei taccuini (spesso di difficile lettura e decifrazione) e perché disseminata su riviste e giornali di scarsa diffusione o sottoposti alla censura fascista. Nel 1929 il poeta iniziò a pubblicare - sulla rivista Il Pensiero, rivista quindicinale di letteratura, teatro, arte, scienze, varietà - alcuni frammenti. Accompagnandoli con una sua lettera che offre preziose informazioni sulla loro stesura. In prima pagina viene data notizia dell’inizio della sua collaborazione. I frammenti, che vengono indicati come “Frammenti dal libro non nato”, probabilmente su suggerimento dello stesso poeta, hanno anche un titolo più grande in copertina che è “Le vie della vita” e fra parentesi le date di stesura: 1898-1899. In seguito Bertacchi continuerà la pubblicazione di suoi “Frammenti” raccogliendoli sotto il titolo. “Come l’attimo detta” e su questa rivista e sul Giornale dei ciechi Alba Serena. Libroweb intanto inserisce nelle sue pagine quanto pubblicato sui giornali citati e poi pubblicherà anche gli inediti direttamente dai Taccuini del poeta e depositati presso il Fondo Giovanni Bertacchi al Centro Studi Storici Valchiavennaschi di Chiavenna. Per rapide informazione si rimanda al mio breve saggio, “Bertacchi, l’uomo che lavorò da stella a stella” che compare in Giovanni Bertacchi, cinquantesimo della morte, 1942-1992, Atti del convegno di studio, Chiavenna 27-28 novembre 1992, a cura di Guido Scaramellini, volume edito dal Comune di Chiavenna nel 1997 e disponibile in ogni Biblioteca.


Pregiatissimo Sig. Direttore,

Le mando per Il Pensiero due cosette mie: una specie di leggenda italica e una certa diavoleria sconnessa e caotica che non potrei definirLe e che è certo assai arrischiata. Mi conceda, per questa, due righe di chiarimento. Tempo addietro, essendomi trovato, per ragioni di sgombero, a smuovere alcuni giacimenti cartacei dei mio ormai profondo passato, misi le mani in un blocco di quadernetti scompaginati e di foglietti extravaganti ove in anni lontani ebbi a segnare, confusamente, pensieri, appunti, spunti, abbozzi, impressioncelle primordiali d’uno che avrebbe dovuto essere un romanzo poetico dal titolo Le vie della vita. Si tratta d’un disegno concepito e accarezzato sullo scorcio dell’altro secolo, subito dopo la stampa di certi miei Poemetti lirici, pervaso ancor tutto dello spirito generatore di questi. Rileggendo quei frammenti provai, Le confesso, un certo suggestivo diletto della cui portata non saprei farmi un’esatta opinione, e che probabilmente mi proveniva dall’improvviso risorgere di tutto un mio passato mondo ideale. Come però io credo che i così detti frammenti, per poco di significato che contengano, possono ritenersi delle vere piccole liriche, offrendo l’impressione immediata, il balzo inatteso, lo scorcio pittorico e l’intuizione fantastica proprie del lirismo, così mi sono arrischiato a trascriverne e a mandargliene alcuni. Con… (parole illeggibile nella copia disponibile in archivio) disegno – che sarebbe inane e stolta presunzione – ma solo intendo presentare all’attenzione altrui – favorevole o contraria qual sarà – un saggio della incoerente unità che la poesia assume in tali casi.

Mi abbia per il devotissimo
Suo Giovanni Bertacchi



1 L’umanità, quando ci si vive dentro, appare facilmente come un gran fatto normale, nelle sue cose belle e brutte, buone e cattive, perché c’è più o meno di partecipazione nostra, di cui ci diamo volta per volta ragione. Quando invece la si considera nel suo complesso e quasi straniandoci da lei, allora ne concepiamo l’idea drammatica, solenne, messianica e la vediamo salire, scendere, cadere, risorgere lungo la via dei secoli, per vicende misteriose e grandiose.

2 Le cose e i fatti disgregati e incomposti appaiono, sbocciano, erompono, si spargono, si raccolgono da varie parti, simultaneamente o in tempi diversi, fin che a poco a poco insistendo, incontrandosi, fondendosi, coordinandosi, trovano il loro schema e il loro ritmo, che in se stesso concilia il massimo di complessità col massimo di disinvolta semplicità.

3 Come il battito della locomotiva, propagandosi a tutto il convoglio, pulsa e risuona sotto il gran carico umano, sotto il tumulto muto degli innumerevoli affetti che il treno porta con sé, distribuito nelle tre classi sociali, così sotto le sovrastrutture ideali onde è composta la storia, palpita, avvertita o no, la nuda potenza economica.

4 «Or la terra è la più profittevole di tutte le altre cose: il re stesso è sottoposto al campo». (Eccles. Cap. V, vers. 9)

5 I figli. - Sono gli agricoltori, riposanti o dormienti sulla terra, al piede degli alberi, come in grembo a una perenne maternità.

6 Io vorrei si inaugurasse un ritorno dei clerici vagantes, e rimormorare i miei salmi laici prono sul grembo della terra, che noi amiamo ormai d’un terribile duplice amore, culla di singole vite, madre di epopee e di storie...

7 Desumo da un giornale del 25 luglio 1899, che parla dell’Italia meridionale: Quella terra cui la natura ha dato tanta fecondità di biade e di ingegni, ma della quale i sistemi sociali e politici parevano avere isterilite le energie della razza come hanno esaurite la originarie virtù della gleba». Dal che si può ben giungere a dire di una vera e propria redenzione della terra, non solo in senso (manca una riga nella copia citata) coltiva o possiede, ma nel senso della terra medesima, che assurge al pieno sviluppo di tutte le sue facoltà, promovendo a sua volta un umanesimo nuovo.

8 Era vissuto sempre d’una minuta intima vita, aggiungendo un pensiero ad ogni cosa, involgendo ogni cosa di fantasie sentite, affettuose, passionate. Or questo vivere in tal modo, questo trovar sempre una rievocazione di sensi e di ricordi nel più insignificante dei suoni, nel più fuggitivo degli odori, non era già per sé stesso quasi un’arte, una vera arte in azione? E un giorno si trovò maturo sul labbro questo canone di poesia: «È tempo che anche le cose assurgano a protagoniste nel dramma poetato degli uomini».

9 La merce, la devota della vita. Dove si festeggia una fede, dove avviene un passaggio o un convegno di gente, la merce è là, oscura o appariscente, fresca o stantia, sincera o adulterata, per tutte le classi, per tutti i bisogni, per tutti i capricci. Coi reggimenti che marciano, con le comitive che migrano, coi bastimenti che salpano, spunta l’umile utile appendice, che lucra, sfrutta, tenta, si illude, si delude. O trascurati aspetti di vita che l’anima compenetra di sé, aggiungete voi pure i vostri ritmi al poema delle giornate e degli anni! E chiamare a questa equa gloria anche voi, profili inavvertiti; linee disconosciute, pallori e rossori di bellezze popolane e borghesi, che passate fra noi senza dramma e pur siete l’estetica viva delle nostre ore vagabonde, dei nostri ozi, delle stesse opere nostre, episodi della bellezza collettiva, sfiorata passando dall’ala del desiderio... Si dice: - La donna del popolo. - Ma ci sono fatti e momenti in cui la dignità del sesso è eguale per tutte: lo stesso interrogar lento, la stessa raccolta intensità dello sguardo, la stessa prima austera difesa innanzi alle proposte primissime... E poi le zone della carne, dove cessano la sartina e la dama e resta, dominio assoluto, la Donna.

10 Il contadino che lavora, che vive aderendo alla terra, sembra una forma svoltasi o svolgentesi lentamente di là. Egli c’insegna l’origine, egli c’insegna la mèta: e ostinato la fruga, la rifruga col ferro, vi getta, come un’anima, la semente, restituisce in vita la vita che la gran madre gli dà.

11 Il credo. – Le cose, le acque, le erbe, i venti sono i miei articoli di fede. Non dico: Così sia, ma: Così è.

12 Il paesaggio alpino, nelle conche ampie, sui dossi, è stranamente nitido quando falciano i fieni. Esso è pieno e sparso d’una tacente opera, è palpitante, mosso qua e là di uomini che paion rifusi nel verde: essi lavorano, passano, scendono, spiccano grandi grandi sui cigli. E così delle greggi, dei cavalli pascenti, migranti come nei secoli, come nei poemi esiodei.

13 Animali al pascolo. La disciplina del re-uomo lenta, v’ha domato ne’ tempi; pel gran verde io vi vedo pascere tranquilli. Sembra continuare in voi la sonnolenta inerzia dell’alpe. Solo, talvolta, un rilevarsi fiero del capo... Udite forse allora un richiamo dell’evo antichissimo? Oh trapassanti nelle primavere di nostra storia, in una vasta aurora di Arias!

14 O grandi linee delle pianure e delle montagne, dove io vissi tanti anni! Con lunga, inconscia fantasia, io vi venni trasferendo al mondo dell’uomo e della storia...

15 Le sagre del lavoro. Il maniscalco, qui presso, che battendo sull’incudine, desta un suono festivo di campane a martello. Tutte le voci, liete, cupe, vivaci, monotone che lo strumento degli operai, picchiando, risveglia dalla muta materia... I concerti spontanei - dolci sagre dei pascoli - creati dai campani degli armenti e dei greggi, quando discendono a sera...

16 I riposi, gli scioperi, le domeniche della millanime fatica umana, riflessi nell’aria, nei cieli, negli ozi delle nuvole vaganti...

17 Senso solenne di sciopero: Pallidi, muti, colle braccia incrociate a contemplar le cose.

18 Il fluente specchiarsi delle patrie e dei secoli nello spirito del singolo uomo.

19 Un dramma nella Crociata. Immaginare un conflitto di fede, tra un guerriero credente nel puro ideale dell’Impresa e un altro che vi scoprì l’ingordo interesse terreno.

20 Religione strumento di eroi. Alessandro che si fa chiamar Dio; Garibaldi che, entrato in Napoli, ordina ai sacerdoti il miracolo di San Gennaro. Ma ogni elemento profano sembra perdersi nel combinarsi della religione con la terra, tanto la terra è (mancano una o due righe nella copia citata)

21 Dai graniti delle Alpi, dai solchi lunghi della terra, dagli influssi della storia, nascono questi miei poemi, nelle età geologiche dell’anima mia. Lenta l’opera mia, lenta l’ignuda mia gloria si farà, come la rupe...

22 I semplici schemi delle fanfare militari, che fan fiorire di visi i balconi e le finestre, passando, pei mille villaggi d’Italia.

23 Sull’onda delle campane che fluttua nei cieli si culla dolorosamente una donna, una donna... Ella s’accosta a me, s’allontana, nuotando per lo spazio e per il tempo. Ora io la vedo laggiù, verso dove si estende tutto ciò che non vissi nella troppo immatura gioventù... Ora mi si fa vicina, come a gridarmi l’invito, l’invito a crearmi, finalmente, per tutto che io posso essere, prima che il tempo si involi...

24 Sali alla patria del Silenzio... Come un dio puro essa ama le effusioni del verde e dell’azzurro e cerca i pascoli alpini e siede in riva ai laghi della montagna, adorando e pregando quelle inanimate grandezze perché sappiano essere belle senza parole. Esso addormenta sotto la pigra malia del suo sguardo i paesetti perduti nei seni, nelle valli, negli sfondi aperti, affidandoli all’amor fantasioso della sua sorella Lontananza...

25 Per le grandi linee melodiche e sinfoniche. Il solenne che c’è nelle semplici e gravi cantilene dei salmi, del Tedeum, dei vespri (ricordi il tuo San Lorenzo?) come in certe cadenze finali: omnes generationes... Il ritmo del periodar di Mazzini, pieno di lentezza, di pathos, di ritorni; ritmo augusto, fedele, monotono come una religione. Sfondi di popoli e di civiltà dai grandi libri sociali e storici (le tue epopee future); sensazione ideologica che può venire, ad esempio, dagli Apôtres di Renan, con tutto il mondo romano-giudaico trasfigurantesi nella evoluzione del momento maturo e fatale.

26 Preso dal dominante pensiero della continuità collegante fra loro tutti gli elementi e gli ordini dell’essere, le forme, vive o brutte che fossero, egli le vedeva tutte come uno svolgimento della terra. Ma un giorno si trovò troppo solo in questo suo vivere l’universo, in questo animato consentire col Tutto. Oh una donna che l’aiutasse a conciliare l’universo col suo sé, col suo essere troppo sperduto nell’ampiezza sterminata del suo medesimo sogno!

27 Effetto dei grandi panorami, senso che popola i tempi e gli spazi di stirpi e di eroi, provato in due, uomo e donna, in viaggio, nei lunghi silenzi, nelle pause dei colloqui appassionati (mancano una o due righe nella copia citata) una vetta, da una riva di mare, da tutti i punti onde si apra un orizzonte vastissimo, o materiale o ideale... Fide concomitanti dell’amore: visioni che, penetrate dall’amore, rendono l’amore più completo.

28 ...Svolgevasi il grande arco dell’iride. Ella si affisò nel gran vano aereo sott’esso e vide le albe roride della storia, e additò al compagno le patrie lontane entro il passato e le sognate, là, nel futuro...

29 ...Pioveva... sentisti? Pioveva come non vista rugiada il mio pensiero su te. Aveva, sfiorando i campi, raccolti tutti gli aromi, aveva, traversando lo spazio, raccolte tutte le luci, serene, intense, vaporose: or muta, invisibile rugiada, pioveva il mio pensiero su te...

30 Nelle miniere della psiche oscura, fatte di oscuri giacimenti, balenano gemme disperse, tralucono vene sinuose, che non saranno estratte, che non saranno lavorate mai. Quanta parte di me sarà taciuta!

31 Un socialista (Barbato?) che va in Grecia a combattere per dimostrare la consapevolezza del sacrificio; per isvolgere potenze di eroismo dal proprio partito essenzialmente economico; per convalidare col sangue i diritti dell’internazionale.

32 Oh voluttà di camminar coi fiumi impetuosi liberi selvaggi !...

33 La mattina, dopo specialmente una amicale baldoria, quel senso di malcerte speranze sessuali, che poi non sono se non le iridescenze dei desideri...

34 Guardando, nell’attesa di una donna, dalla strada di S... alle praterie falciate, giù in fondo; ove passano lenti i contadini, placido dramma umano su una scena di pace. Oh benedetti voi, per l’aura di redenzione che spira dalla vostra opera antica!...

35 Altalena del cuor le litanie!

36 L’idea di chi beve lentamente, e pare il suonatore di uno strumento muto, di cui le armonie sono pensieri, immagini, fantasticate passioni.

37 ...Un largo petto giovine di eroe fatto perché le vergini vi si abbattano, con abbandono pesante, come quel d’un’allodola dal cielo.

38 Le geste dei singoli eroi, rapite dalla poesia alla storia, sono le statue dei secoli; quelle, intorno ad esse, dei molti, ne sono gli alti rilievi.

39 Il poetico delle analogie, che allargano, moltiplicano la vita; i fieni verdi, ondeggianti come maree; gli orizzonti vaporosi in pianura, nei colorati tramonti che son valli, montagne, frane, delti di grandi fiumi. Le similitudini, prima che nel gioco dell’arte, sono in realtà di natura.

40 Passano donne con le braccia nude conserte sulla nuca...

41 Il pensiero della bellezza, come un aere soavemente avvelenato, lo seguiva per tutto, tanto più penetrante quanto più vasta e più profonda stendevasi la solitudine intorno...

42 I tuoi pergami, Dio, sono per tutto, purché ci siano intorno dense accolte di cuori... Io nacqui in un fiero paese percorso a mezzo da un sonante fiume, con l’anima rapita vero una nube eterna, alla soglia delle case abitate dal vento, udendo a notte il vento intonar le foreste. Ivi è Belmonte, e la tribuna di rupe, da cui tante volte, nel paesaggio inabitato, sognai di cantar le memorie a popoli che non sono più e di nunziare i presagi a popoli che un giorno saranno. Non cuori visibili intorno; ma un uditorio di anime beventi tutto il destino nelle mie silenziose parole.

43 Ecco, dal campo di tutte le dolorose e gloriose epopee, assorbendo in me, con gli invisibili umori della terra, gli effluvi del sangue e degli eroi, ecco io assurgo vir! Sono un uomo! Ci fu mai grido, ci fu sfida più audace che traversasse l’aria del mondo? Che sono al suo confronto le comete, i globi in creazione, i globi in dissoluzione? Io sono un uomo: sento nei rivoli del mio sangue tutte le fiumane scorrenti pel misterioso universo, sento i popoli, le ere, le storie, tutto il già nato e il nascituro in me...

44 Il fondo collettivo della vita egli lo vedeva, lo sentiva, onnipresente, onnipotente. Ma poi pensava all’eroico appartarsi dei singoli, agli amanti delle solitudini, agli scalatori dei monti, ai valicatori del mare, oltre l’atmosfera magnetica dei vasti influssi sociali, dove, la storia cessa e la vita dell’Uno si raccoglie solo a se medesima. Pensose, fantastiche, passionate, conscie e inconscie anarchie, pagine staccate, voci gridate lontano, ultimi sparsi fiori della storia, del concento innumerevole, delle folte vegetazioni del mondo... Dove andavano esse? A che mete? A spegnere, forse, la vita in un suo ultimo palpito o a sublimarla nella sintesi de’ suoi motivi immortali?