Claudio Di Scalzo
SEGANTINI E I PRIMI DELL’ANNO IN ENGADINA
(con Giovanni Bertacchi di passaggio)
Breve biografia di Giovanni Segantini, pittore inesausto
della montagna e uomo che muore sul crinale di un atteso Novecento. Nacque ad
Arco, nel 1858, minuscolo paese vicino a Trento, che descritto nel Diario
diventa quasi una variante melodica della sua infanzia divisa fra la guardia ai
porci e alcuni giochi al limite dell’avventuroso tormento. Abbandonato dal
padre partito per terre lontane ne segue, o meglio ne calca, il destino andando
ramingo per la Svizzera e per la Francia. Mendicante senza risorsa alcuna né
sostentamento viene rinchiuso “per miseria” il 9 dicembre 1870 nella Casa di
Patronato per ragazzi abbandonati, in Milano, e convinto a imparare il mestiere
di ciabattino. Esce nel 1873. Per misteriosa alchimia che spinge spesso a
inusitate metamorfosi chi subisce il reale attraverso la sofferenza senza
dimenticarne gli incanti, diventa pittore iscrivendosi all’Accademia Milanese
di Belle Arti. Risente dell’influsso di Tranquillo Cremona ma ben presto
adotta, in una scommessa lacerante con se stesso, il principio della divisione
dei colori inventata da Seurat. La sua originalità si manifesta già con i
quadri “Ave Maria” (1883) e La Tosatura del 1884. Lascia Milano. La città
gli sembra una fabbrica di agonie. Soggiorna in varie località della Brianza
come Pusiano e la rappresentazione della natura assume un tono imtimistico e
sovente lirico. La svolta avviene trasferendosi a Savognino. Prima aveva
tentato di portare il suo atelier a Livigno ma i paesani lo cacciano in malo
modo intimiditi dalla sua lunga barba. Nel 1894 si sposta sul Maloja vicino al
lago di Sils.
Qui riceve la visita del poeta Giovanni Bertacchi. Spesso il
pittore recita al figlio che gli fa da aiutante il Canzoniere delle Alpi del
segaligno amico chiavennasco. La sua pittura diventa allegorica con un che di
lustrale e segue la tecnica di disporre lunghe striature di colore puro in modo
che una fusione, quasi un miracolo dice, avvenga nella retina dell’osservatore.
Cerca la luce nel colore e sicuramente la dimensione del divino nel calendario
terrestre che coinvolge uomini e animali. La sua ultima opera, preparata per
l’Esposizione Universale di Parigi, da tenersi nel 1900, il Trittico della
Natura, rimane incompiuto. Muore di peritonite sopra Pontresina, sullo
Shafberg, a 2700 metri di altezza, il 28 settembre 1899. A portarlo a valle
sarà una slitta trainata da un cavallo. Nel dipinto del Trittico, dedicato a La
Morte, compare un cavallo attaccato a una slitta in attesa della bara. Se il
pittore dipinse lo scenario per la sua fine la nuvola che compare sopra la
salma sembra un fiducioso saluto rivolto all’eternità.
1 gennaio 1889, Savognino
Mattino. Il primo giorno dell’anno è, dunque, oggi; credo
che quest’anno porterà un gran cambiamento nella mia vita artistica; speriamo
sia in bene. Aprendo la finestra il sole entrò involgendomi nella sua calda
luce dorata, e tutto m’abbracciò; socchiusi gli occhi inebriato dal suo bacio
di vita, e sentii che la vita è pur bella, e mi discese nel cuore la gioventù e
la speranza dei miei vent’anni. Il cielo è azzurro e profondo, la vallata è
inondata dal sole, i campi dia vena tagliata luccicano al sole come pagliuzze
d’oro; c’è nell’aria qualche cosa di festante. Pensare che ci troviamo a 1200
metri sopra il livello del mare!
Il godimento della vita sta nel saper amare; nel fondo
d’ogni opera buona c’è l’amore.
1 gennaio 1890, Savognino
Mattino. Torno da una passeggiata. Sento nel cuore la mia
calma abituale e nel cervello come uno sbalordimento che è effetto del vento.
Intorno, tutto è triste, il cielo è grigio, sporco e basso, soffia un vento di
levante che geme come lontana bestia che muore, la neve si stende pesante e
malinconica come lenzuolo che copra la morte, i corvi stanno tutti vicino alle
case, tutto è fango, la neve sgela. questa giornata me ne ricorda molte altre
che passai nella mia fanciullezza; mi sento ancora l’eguale e provo le eguali sensazioni.
(Dal “Diario” di Giovanni Segantini)
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