mercoledì 5 maggio 2010

GIOVANNI BERTACCHI LIBROWEB: 3° capitolo: Alti pascoli

 




Il Libroweb presenta una poesia tratta dal Canzoniere delle Alpi, come Alti pascoli, e la commenta con scelta manualistica e didascalica come appunto si conviene a un libro che sulla rete ambisce a coinvolgere studenti e scuole in un rinnovato studio di Giovanni Bertacchi. E’ questa un’esigenza molto sentita, unitamente a che siano messi in circolo i testi, anche meno conosciuti del poeta, perché finora ogni riedizione delle sue poesie, più o meno illustrate, non hanno mai avuto commenti e note. E per il lettore, ma anche per chi studia, questo apparato è assolutamente necessario. Alti pascoli (dal Canzoniere delle Alpi, Editore Baldini e Castoldi, Milano, 1895). Bertacchi in questa sua raccolta, la sua più famosa e diffusa, propone rarefatte scene alpestri e figure di pastori, alpigiani, viaggiatori, che della montagna hanno fatto il basamento della loro esistenza. In questa poesia il poeta traccia anche la sua idea di bellezza che germina nel potere risanatore della natura. Una natura genuina e insieme possente. Esserne avvolti evita al soggetto di essere fagocitato dal nulla. I versi sono anche un elogio della lentezza: delle mandrie e degli uomini che seguono i ritmi delle stagioni. Lentezza che coinvolge anche la parola nel suo intento di modellare le cose e gli eventi. Esplicito il richiamo alla ritualità che la vita collettiva assume attraverso il lavoro e la fatica. Il mito positivista ha toni d’intimità sacrale in Bertacchi. E su questo si rimanda all’antologia bertacchiana compresa in “Scritture celesti” (Tellus 24-25). L’uso del simbolo e la seduzione che riceve dal rito e da visioni panteistiche presenta un Bertacchi molto più complesso di quanto certe semplificatorie note biografiche sulla sua esistenza hanno diffuso fino ad oggi.

Metro: strofe di quattro versi, dei quali il primo e il terzo costituiti da doppio ottonario, e il secondo e il quarto da endecasillabi. Le rime sono incrociate: ABBA.


ALTI PASCOLI

Sul ciglio delle alture la greggia ondulata (1) appariva,
ed eretto sovr’essa alto il pastore;
grande così sul cielo, pareva il selvaggio signore
di non so qual vagante isola viva (2)

Sui cigli della storia (3) sempre così eguale s’affaccia
la greggia d’ogni età, d’ogni contrada:
sembra una stessa torma che vada nei secoli e vada,
seguendo una fedele unica traccia.

Oh, quando esse (4), annunciando le due ritornanti stagioni
salgono ai monti e tornano, tra i nimbi
degli odorosi velli le madri sospingono i bimbi,
quasi ad un rito che li renda buoni.

E che bontà (5) pacata quassù, dove i miti pascenti
traducon la pastura in bianche lane!
Come uno scampanio che giunga da sagre lontane,
suonano i bronzi de’ quieti armenti.

Per disciplina inconscia (6), serbata nei tempi e negli usi,
sfilan le mucche lentamente a sera,
e le accompagna in lunghe cadenze d’antica preghiera
quel tremolar di tintinnii diffusi.

La terra travagliata (7) che giù nell’aperta pianura
riferve al solleone e s’affatica;
su cui negli arsi piani (8) si curva e s’indugia l’antica
opera umana, al par d’una sventura,

quassù tutta si stende ne’ verdi ristori e produce
spontanee messi in fertili riposi,
e canta a salmi (9) d’acque pregando pe’ mai odorosi,
purificata nella tersa luce (10)

Qui fra la terra (11) e l’uomo non è che quest’opera viva
che si compie pascendo, al forte clima;
vicina ad esso e sempre ai primi elementi, alla prima
flora del suolo e all’acqua di sorgiva.

Poeta, hai tu saputo stancarti, salendo alle nevi (12)
e discendendo per le vie dirotte?
Poeta, è questo il premio: dormire sul fieno una notte
e risvegliarti nel mattin degli evi! (13)


(1) Ondulata: ondeggiante. - La greggia appare ondulata perché i dorsi delle pecore offrono sinuosità allo sguardo e ritmato movimento.
(2) Quest’ isola viva non è che la distesa mobile costituita dalla massa compatta delle pecore che si muovono tutte insieme.
(3) Sui cigli della storia: in ogni epoca del passato (sui cigli della storia) le greggi si sono spostate con movimento identico a quello di oggi; sembra quasi che una sola torma, sempre la stessa, percorra da millenni le medesime vie del mondo.
(4) Oh, quando esse: quando il gregge nell’autunno scende al piano e in primavera ritorna ai monti (le due ritornanti stagioni), le mamme sospingono i bambini in mezzo ai riccioli delle pecore lanose (tra i nimbi degli odorosi velli) come per un rito, perché sperano che quel contatto li renda migliori. (5) E che bontà: e che tranquilla pace (bontà) quassù fra i monti, dove i miti animali che pascolano (i miti pascenti) trasformano le erbe in bianche lane! - L’erba infatti nutre la pecora e le consente di rinnovare continuamente il suo mantello di lana. Sagre: feste.
(6) Inconscia: inconsapevole; istintiva. e le accompagna con un ritmo somigliante a quello di antiche preghiere. Quel tremolar: quel suono tremolante delle campanelle che di lontano (tintinnii diffusi)
(7) La terra travagliata: la terra esausta che giù nella pianura ribolle al sole e continua nella sua dura fatica (e s’affatica).
(8) Su cui negli arsi piani: sulla quale l’immutabile lavoro umano si curva e si dedica attorno alle zolle arse dal sole come per una sventura voluta da Dio (al par d’una sventura); questa stessa terra quassù sui monti tutta si apre alla gioia del verde (ne’ verdi ristori).
(9) E canta a salmi: e innalza canti con la voce delle sue acque (salmi d’acque) invocando da Dio profumate fioriture. Maio significa maggio; e mai, in senso traslato, può indicare i prodotti del mese di maggio. Soggetto di canta è sempre la terra di cui al verso 21
(10) Purificata nella tersa luce: la terra di montagna viene purificata dalla limpida luce.
(11) Qui fra la terra: qui sulla montagna fra l’uomo e la terra non c’è che il lavoro del gregge, che si compie pascolando, all’aria possente e pura delle grandi altezze; lavoro che si svolge accanto all’uomo (ad esso) e sempre vicino agli elementi più semplici della natura (ai primi elementi) quali la vegetazione spontanea del suolo e l’acqua delle sorgenti (sorgiva).
(12) Salendo alle nevi: salendo in alto. - vie dirotte: sentieri scoscesi.
(13) Il premio di chi ascende le alte vette è questo: dormire una notte sul fieno di un ricovero alpino e svegliarsi all’alba in mezzo a una natura che è rimasta eguale a quella del momento della sua creazione.


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