domenica 1 febbraio 2015

GIOVANNI BERTACCHI LIBRO-WEB 11: "Scendendo la via dietro un placido gregge" - A cura di Claudio Di Scalzo


Giovanni Segantini - "Pascoli alpini"




GIOVANNI BERTACCHI

Libro-Web 11

SCENDENDO LA VIA DIETRO UN PLACIDO GREGGE

Calano al piano dai ridenti Andossi,
dalle conche pasciute in Val di Lei,
dietro un lento squillar di bronzi mossi.

Cantilena più mesta io non potei
trovar nel mondo, sul cui metro ondeggi
la tacita armonia de' sogni miei.

Oh, misurar la vita in su le leggi
dell'erbe e degli armenti; andar le belle
notti, seguendo un tintinnio di greggi;

salutare ogni dì forme novelle
d'ingenua vita; uscir della memoria
di ciò che fui; richiedere alle stelle

l'antico Iddio; l'avara arte e la gloria
travagliata depor, lento, dal cuore;
dimenticar degli uomini la storia,

fino a trovarmi semplice pastore!







COMMENTO E PARAFRASI

Questa poesia compare nella raccolta "A fior di silenzio, pubblicata nel 1912. In questi versi si avvertono echi della tempèrie crepuscolare quando il poeta s'immagina in fuga dal mestiere di poeta per diventare un semplice pastore. Di stampo prettamente bertacchiano è invece la trasfigurazione della condizione naturalista, di uomini ed animali e paesaggio, in una aura di raccoglimento simbolica che poggia sul sogno, sulla malinconia, sullo straniamento. Si potrebbe quasi accostare l'evoluzione della poesia di Bertacchi a quanto aveva compiuto, in pittura, un decennio e più prima Giovanni Segantini, passando dal naturalismo pittorico al simbolismo alpino.  


"Calano al piano"... - I pastori scendono verso la pianura dai ridenti pascoli dell'altopiano Andossi. "Andossi è un altopiano a sera e a monte di Madesimo. E' di natura morenica, ricco di edelweiss e di pascoli" (Ettore Mazzali)

"Conche pasciute" - Valli ricche di pascoli. Due soli aggettivi, ridenti e pasciute, sono sufficienti a Giovanni Bertacchi per suggerire l'immagine di uno dei paesaggi più stupendi dello Spluga e della Valchiavenna.

"Bronzi mossi" - Sono le campanelle di bronzo appese dai pastori al collo delle pecore.

"Cantilena più mesta" - Quel tintinnio monotono e cadenzato suggerisce nell'animo del poeta una musica da cantilena che lo affascina e a cui si a abbandona perché possa cullarsi nella silenziosa armonia dei suoi sogni. La biografia, anche tormentata di Bertacchi, negli amori nella politica nell'insegnamento padovano, nutre questo suo "naufragar", anche leopardiano, nel suono pastorale.

"Oh misurar..." - Il poeta vaticina per sé il mestiere di pastore per fuggire dalla letteratura (un po' malattia un po' distacco dal vero per dirla con Gozzano) e per tornare ad un contatto primigenio, del tutto immediato, con la natura, le sue leggi, gli stagionali eventi. Questo "ritorno" al codice naturalistico del vissuto era anche una sorta di moda ad inizio secolo, tra i letterati, però Giovanni Bertacchi, per le sue origini popolari, per il legame con la valle mai filtrato da intellettualismi, è probabilmente uno dei poeti, in questa attitudine al naturale, tra i più sinceri. 

"Uscir della memoria / di ciò che fui" - Esplicita dichiarazione d'un pressante desiderio di abbandonare il ruolo di poeta per addivenire a quello di pastore, però in una sorta di virtuosa metamorfosi dalla Cultura alla natura. E qui si avvertono gli influssi di certo pensiero tedesco che a fine ottocento furoreggiava anche per il messaggio (di quanto di esso circolava italianizzato) dell'uomo di Sils Maria in quel d'Engadina: Friedrich Nietzsche. 

"Lento" - lentamente

"Dimenticar degli uomini la storia" - La storia, al positivista e marxista e mazziniano Bertacchi, in epoca giolittiana, nel novecento caotico, non offre più il bandolo interpretativo, un'intravista destinazione,... e pertanto, perché non fuggirne?    





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